Raggiunti da una promessa grande

La Chiesa di Treviso è in festa. Il nostro vescovo Gianfranco Agostino, sabato 25 maggio, in Cattedrale, ordinerà preti cinque giovani del Seminario di Treviso. Davide e Giacomo, fratelli gemelli, sono entrati in Seminario all’età di 11 anni. Riccardo ha deciso di entrare in Comunità giovanile in terza superiore. Luca e Nicola hanno iniziato il loro cammino in Comunità vocazionale rispettivamente a 19 e 27 anni.
Recentemente la giornalista, un po’ stupita del fatto che ci sono 73 seminaristi, mi ha chiesto: “Come fa un ragazzo o un giovane a decidere di entrare in Seminario e diventare prete?”. Non è facile rispondere in maniera del tutto “comprensibile” ad una tale domanda! Vi sono implicati almeno tre soggetti in questa decisione: il ragazzo o il giovane, il Signore risorto e il popolo di Dio in cammino verso il regno che è la Chiesa.
Può accadere a varie età e in modi diversi che uno si senta raggiunto da una promessa grande per la sua vita. Avverte che entrare in Comunità ragazzi a undici anni – come hanno fatto Davide e Giacomo di San Zenone degli Ezzelini – può rendere la vita più ricca di gioia per la possibilità di fare un cammino con altri ragazzi che mangiano, dormono, studiano, giocano e pregano insieme. Ma è una scelta possibile anche nell’età più effervescente e improbabile come quella dell’adolescenza.
Riccardo di Spercenigo è proprio in seconda superiore che si è “sentito cercato” da Qualcuno ed ha conosciuto la Comunità giovanile del Seminario: una comunità di adolescenti che vivono da fratelli, condividendo il servizio, lo studio, la preghiera, il tempo estivo e l’itineranza verso luoghi abitati da grandi testimoni. Anche quella vita è una vita promettente. Per altri la scelta giunge nel tempo della giovinezza, una volta concluse le scuole superiori, come per Luca di Zenson di Piave. Oppure al termine di un titolo universitario e di una esperienza di lavoro come per Nicola da Castello di Godego.
Luca e Nicola sono entrati a 19 e 27 anni nella Comunità vocazionale, sentendo nel proprio intimo una possibile realizzazione della vita come preti. Questi cinque giovani hanno avuto il coraggio di muoversi verso una promessa. Ma è fondamentale Colui che pone una tale promessa di vita nel cuore di un ragazzo o di un giovane. Se Cristo non fosse il Vivente – il Signore risorto, non si accenderebbero di passione coloro che Lui stesso chiama. Non è facile spiegare come ciò avviene. Talora è una espressione del Vangelo che fa vibrare le viscere come è avvenuto per Luca quando ha letto “Chi vorrà salvare la propria vita la perderà…”; o la domanda “Mi vuoi bene?” che Gesù rivolge a Pietro udita come personalmente rivolta a sé da Riccardo. Altre volte è la passione verso i giovani e i loro sogni, come è avvenuto in Nicola, a far sentire la voce del Signore “Vieni e seguimi”. Il Signore risorto, in modo misterioso ma reale, si è fatto vicino a ciascuno, ha fatto sentire il suo sguardo di amore, e li ha interpellati personalmente invitandoli a donare la vita senza riserve come preti. Se Cristo non fosse risorto sarebbe vana la nostra fede, ha affermato l’apostolo Paolo. E noi possiamo aggiungere: se Cristo non fosse risorto neanche questi cinque giovani avrebbero mai deciso di entrare in Seminario iniziando un cammino che li sta conducendo verso l’ordinazione sacerdotale.
Vi è, infine, un terzo soggetto implicato nella loro scelta. All’inizio del rito di ordinazione, quando chiederò al Vescovo che questi cinque giovani possano essere ordinati presbiteri, lui mi porrà la seguente domanda: “Sei certo che ne siano degni?”. La mia risposta sarà: “Dalle informazioni ricevute presso il popolo cristiano e secondo il giudizio di coloro che ne hanno curato la formazione posso attestare che ne sono degni”. Il popolo cristiano è quello che li ha visti impegnati nelle esperienze pastorali delle parrocchie e realtà associative di vario tipo e che ha manifestato stima nei loro confronti. Coloro che ne hanno curato la formazione sono gli educatori e i professori del Seminario, i parroci e i vicari parrocchiali che li hanno accompagnati. Stiamo parlando di lunghi anni di formazione, durante i quali è maturata la convinzione da parte della comunità ecclesiale che questi giovani hanno le qualità per essere e vivere da preti. Non sono giovani perfetti e non sono già preparati a tutto; entrando nel ministero continueranno la formazione con l’aiuto di altri preti e delle comunità cristiane. Ma la Chiesa conferma nella fiducia che saranno adatti a svolgere il ministero. E perciò la Chiesa non li può più abbandonare, prendendosi cura di loro, specialmente quando vivranno fatiche e difficoltà.
Loro stessi, Cristo vivo e la Chiesa hanno permesso ai cinque giovani di comprendere la giusta direzione della vita: questo è ciò che conta veramente per ogni ragazzo e per ogni giovane.
Padre Pino Puglisi lo ricordava con forza: “Venti, sessanta, cento anni… la vita. A che serve se sbagliamo direzione? Ciò che importa è incontrare Cristo, vivere come lui, annunciare il suo Amore che salva. Portare speranza e non dimenticare che tutti, ciascuno al proprio posto, pagando anche di persona, siamo i costruttori di un mondo nuovo”.


(mons. Giuliano Brugnotto, rettore del Seminario)
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